Saluto Al Sole

Boom per Leopardi negli U.S.A

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CAT_IMG Posted on 10/11/2013, 16:41     +1   -1
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In USA boom per Leopardi: il suo Zibaldone diventa un successo editoriale


La pubblicazione in inglese dello “Zibaldone” diventa caso letterario in Inghilterra e Stati Uniti: finalmente il mondo potrà leggere e apprezzare il Leopardi filosofo che, secondo il Financial Times, è “uno dei pensatori più radicali del diciannovesimo secolo”.


giacomo-leopardi




L’incredibile statura poetica di Giacomo Leopardi ha sempre oscurato la reale portata della sua produzione cosiddetta “minore”, quella per intenderci più schiettamente filosofica. Certo, i temi sviluppati nelle opere in prosa, trovano dirette e precise corrispondenze a livello lirico e, in particolare tra gli anni ’30 e ’50, sono stati interpretati come segni premonitori di un atteggiamento esistenzialista ante litteram. Tuttavia, possiamo ben dire che tanto in Italia quanto, soprattutto, all’estero del poeta di Recanati si abbia una visione approssimativa e limitata: la sua straordinaria e proverbiale sensibilità, infatti, difficilmente si lascia inquadrare nelle categorie convenzionali e, come scrive il critico americano John Gray, “la reale portata del suo genio sovversivo non ha ancora ricevuto un adeguato riconoscimento”.

Così stanno, o quantomeno stavano fino a oggi, le cose. Già, perché la notizia di cui vogliamo darvi conto è che il nuovo caso letterario di cui si discute sulle più eminenti riviste letterarie inglesi e americane è proprio relativo a Giacomo Leopardi e in particolare al suo Zibaldone appena tradotto oltre oceano e pubblicato rispettivamente da Penguin Books e da Farrar, Straus e Giroux.
Un successo editoriale che ha il carattere di un’impresa epica: oltre sei anni di riflessioni, sette di traduzione, ad opera di una folta schiera di studiosi, due coordinatori/curatori che portano il nome di Micheal Cesar, ordinario di letteratura italiana all’università di Birmingham e fondatore nel 1998 della cattedra di studi leopardiani, e Franco D’Intimo, docente alla Sapienza e noto studioso di Leopardi. Questo team di specialisti ha raccolto la sfida di proporre al pubblico di lingua inglese le oltre duemilacinquecento pagine di un lontano poeta romantico, ottenendo un successo che va molto oltre le aspettative: Sunday Times, New Statesman, New York Review of Books e molti altri ancora, hanno definito lo Zibaldone come un “tesoro ritrovato”, un punto di riferimento imprescindibile per il pensiero moderno. Il Financial Times arriva a definire Leopardi come “uno dei pensatori più radicali del diciannovesimo secolo” accostandolo a Coleridge, Emerson, Kirkegaard e Nietzsche.

Elisabetta Rasy, riportando un suo colloquio con Micheal Cesar, proprio in occasione della pubblicazione del volume, riferisce che lo studioso inglese parla di un inatteso e autentico “major event” nella storia delle idee, aggiungendo che anche in Italia lo Zibaldone è poco considerato come libro autonomo, ritenuto “solo” un punto di riferimento per le opere maggiori. In effetti, basta pensare che la prima pubblicazione del testo integrale avvenne nel 1898, per celebrare il centenario della nascita del poeta. Non solo, anche l’edizione critica del 1937, curata da Francesco Flora, parla esplicitamente di “preparazione culturale”, di una “anteriore e men elaborata stesura” rispetto all’opera poetica.


Insomma, siamo probabilmente alle soglie di un ribaltamento curiosissimo e del tutto inaspettato: il Leopardi filosofo che scavalca e si impone sul Leopardi poeta! In realtà, almeno in Italia esistono una serie di ragioni storiche che hanno, per così dire, oscurato lo spessore filosofico del pensiero leopardiano: una fra tutte, la sua rigorosa avversione per l’idealismo, a lungo dominante qui da noi, a favore di un sensismo materialista che naturalmente trova maggiore sponda nel mondo anglosassone. Inoltre, Leopardi pur accettando il Cristianesimo come unica illusione possibile, era un pensatore radicalmente anticristiano, e riteneva che l’asserzione militante della sua verità rivelata fosse nociva per l’intera umanità, non già da un punto di vista teologico, ma storico, morale. L’universalismo propugnato dal Cristianesimo, infatti, era, secondo Leopardi, una licenza senza limiti per la ferocia e l’oppressione. John Gray, nel suo appassionatissimo articolo apparso sul New Statesman, ricorda che il poeta di Recanati non riuscì a prendere mai sul serio la fede nel progresso, l’idea che la civiltà migliori gradualmente col tempo, e partendo da queste considerazioni, valutava l’impatto della religione Cristiana sul mondo antico come una sciagura: “La scelleratezza dei cristiani nel Medioevo era molto differente e più orribile di quella dell’età antiche anche più barbare”. In altre parole Leopardi, molto prima dell’Imperialismo di fine Ottocento, dei genocidi di età moderna e delle guerre della nostra epoca, che si svolgono sotto lo stendardo della democrazia, aveva intuito si celasse quella che soleva definire “barbarie della ragione”, vale a dire il tentativo di ordinare il mondo secondo un modello più razionale. Ma l’aspetto più “pessimista” di tutta la vicenda è, come ci ricorda ancora Gray, che Leopardi accettava, seppur amaramente, il fatto che non esiste alcun rimedio per l’ignoranza di coloro che si credono incarnazioni della ragione.

In conclusione, lasciateci soltanto dire che la lucidità e l’incredibile attualità di questi ragionamenti è tale da provocare inquietudine e incanto, turbamento e malia. Pertanto consigliamo vivamente di ritornare a leggere Leopardi avendo per un attimo il coraggio di scansare il richiamo seducente delle poesie per dedicarsi alla prosa. Un’operazione peraltro simile a quella suggerita dal recente percorso del regista Mario Martone, che dopo aver portato in giro per l’Italia le Operette morali, sta realizzando un ambizioso progetto cinematografico dal titolo: “Il giovane favoloso”, che vedrà Elio Germano nei panni del grande poeta.. Ops! del grande filosofo italiano.



FONTE: FANPAGE.IT


Lasciatemelo dire... FINALMENTE!

Era ora che questo straordinario poeta-filosofo avesse il suo meritato successo anche all'estero, dove fino ad ora era davvero poco conosciuto, anche solo come poeta, per non parlare come filosofo.
Nell'articolo si ritiene che lo Zibaldone sia un'opera a sè stante rispetto alla produzione poetica.
A dire il vero anche all'Università si è sempre e solo considerato il Leopardi poeta e di fianco lo Zibaldone per interpretare passi e scritti particolari.
Io sono stata abituata così, sinceramente adesso mi riesce difficile separare il Leopardi dello Zibaldone dal Leopardi poeta.


Leopardi è sempre una scoperta, uno dei più grandi fra gli italiani ma purtroppo viene conosciuto dai più solo per "A Silvia" o "il Passero solitario" o per imparare come dei pappagalli "Il sabato del villaggio".

Le sue "Operette Morali"sono di una bellezza e di una veridicità spiazzante, strettamente legate allo Zibaldone... vanno di pari passo, ma nessuno o pochi le hanno mai lette.

Grande Leopardi!
 
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CAT_IMG Posted on 10/11/2013, 19:01     +1   -1

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Carissima *RaggiodiLuna*

Finalmente una splendida notizia, relativa alla " CULTURA " Italiana, e nello specifico un Poeta nato...Giacomo Leopardi...quindi onore al tuo post, e la giusta riconoscenza, anche se tardiva...che viene riconosciuta dall'Estero, uno dei massimi artefici della Poesia e non solo...non avendo fatto studi classici...confesso i miei limiti, ho pensato bene di collegare questo post, onde ovviare a questo mio deficit...grazie di cuore, ciao.







RELATORI: Andrea Cortellessa
Inserito da alessandrocane il 04 settembre 11


Introduzione allo Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi, lettura e commento di un passo scelto, a cura di Andrea Cortellessa.

Viene presentata la struttura dell'opera e vengono evidenziate le riflessioni letterario-filosofiche di Leopardi che sembrano anticipare quelle dei filosofi del Novecento. Lo Zibaldone dice Cortellessa, "è un grande edificio incompiuto, che proprio nella sua incompiutezza mostra il suo carattere moderno". Qui si presenta la lettura e il commento della pagina dello Zibaldone sulla "Doppia vista", scritta nel 1828: in poche righe vengono condensati la linea di lavoro di Leopardi poeta, la sua intuizione del compito del poeta e la specificità della sua visione della letteratura e dell'esistenza. In questo brano Leopardi sembra contraddire la sua concezione materialistica e il suo sensismo, dal momento che afferma l'esistenza di oggetti astratti molto più evocativi e importanti di quelli reali per l'immaginario del poeta. Sono gli oggetti e i luoghi dell'immaginazione. Tuttavia Leopardi non sta evocando un'astrazione o una fuga dalla realtà, ma una "doppia vista", come la definisce lui stesso, che è qualcosa che si basa sulla realtà e che si fonda sull'esperienza sensibile ma che permette, proprio per le sue fondamenta empiriche, uno sguardo che supera il reale. Questa teoria dell'immaginazione evidenzia l'essenza stessa del poeta: questa doppia natura, questa "doppia vista", fisica e metafisica.

Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate. Collabora con diverse riviste e quotidiani tra cui alfabeta2, il manifesto e La Stampa-Tuttolibri.
Ti sei perso qualcosa? Ecco il testo del video
Ancora una pagina dello Zibaldone. 30 novembre 1828: qui siamo nell’ambito della riflessione più specificamente letteraria, poetica di Leopardi e che peraltro si mescola inscindibilmente con la riflessione filosofica. Nel secolo e più che ci separa da questa esistenza sono stati molti coloro che si sono interrogati se il pensiero di Leopardi possa essere considerato quello di un vero e proprio filosofo. In realtà la temperie culturale prevalente nell’Italia novecentesca, nella prima metà del 900, quella dell’idealismo, tendeva a negare "la patente di filosofo" a Leopardi, per via delle numerose contraddizioni, non solamente nel tempo, delle varie tesi, delle varie posizioni che Leopardi alterna nelle diverse fasi del suo pensiero, ma anche per le contraddizioni intrinseche in ogni singola fase del suo pensiero stesso. E tuttavia proprio anche per la forma in cui lo Zibaldone è scritto, una forma antisistematica, antilineare, che ha una struttura assolutamente non compatibile con ogni tentativo di ordinamento, con ogni possibilità di trattazione organica, anticipa in realtà il tipico modo di ragionare e di argomentare dei filosofi del tempo successivo, dei filosofi del '900. Non è un caso che il pensiero di Leopardi abbia numerose tangenze con quello di grandi poeti, sia coetanei del suo stesso tempo, sia immediatamente successivo. Penso a Novalis, grande poeta romantico tedesco, che compone un gran numero di pensieri sempre in questa forma frammentaria non sistematica, oppure ai cosiddetti Cahiers, i quaderni che Paul Valery alla fine dell’800 e nei primi decenni del 900 a sua volta assommerà in gran copia, oppure ancora a quel gran libro scritto e mai pubblicato da Walter Benjamin su Parigi capitale del XIX secolo. Lo Zibaldone è un grande edificio incompiuto, che proprio nella sua incompiutezza mostra il suo carattere più moderno ed in questa pagina appunto del 1828 in poche righe condensa la linea di lavoro del Leopardi poeta, la sua intuizione del compito del poeta, della specificità della visione del poeta all’’interno della letteratura e direi di più, all’interno dell’esistenza.


“All'uomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d'una campana; e nel tempo stesso coll'immaginazione vedrà un'altra torre, un'altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obiettivi sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione.”


Ora questo appunto è un passo che parrebbe contraddire il materialismo leopardiano, parrebbe contraddire il sensismo della riflessione leopardiana, cioè quell’insistere tipico della riflessione di Leopardi sugli elementi sensibili. Sembrerebbe dirci Leopardi che ci sono tutta una serie di oggetti immaginari, di visioni astratte, visioni non legate direttamente al referente reale, che sono tanto più importanti delle cose stesse, che sono tanto più evocativi, suggestivi, tanto più nutrienti per l’immaginario del poeta, appunto i luoghi degli oggetti dell’immaginazione. Eppure se ci facciamo caso qui Leopardi non sta evocando un’astrazione, una sorta di fuga dalla realtà, ma sta evocando una sorta di doppia vista, qualcosa che si fonda sulla realtà, che si basa sul dato sensibile, sensistico, sul dato empirico dei nostri sensi, delle nostre sensazioni, e che solo in quanto si basa su quello può permettere uno sguardo ulteriore, uno sguardo penetrante, uno sguardo che va in un’altra direzione. Ora, in questo doppio binario, in questo doppio canale dell’immaginazione, c’è tutta la modernità di Leopardi, c’è il suo essere molto al di là delle poetiche del suo tempo, tanto nel Neoclassicismo, che gli poteva insegnare Pietro Giordani, tanto nel Romanticismo, vissuto come mero catalogo di immagini cupe, tenebrose, che poteva venire appunto dalla letteratura delle ballate nordiche che nella Milano del Conciliatore doveva essere la grande poesia moderna, e che Leopardi rifiutava. Si tratta invece di una visione, di una sensazione, di una - come dicevano in quegli anni i poeti e i teorici tedeschi - "sensazione", che Leopardi ha in comune appunto con i grandi poeti e con i grandi pensatori della sua età. E’ qualcosa che va al di là delle epoche letterarie, va al di là anche della stessa suddivisione che manualisticamente si tende a fare del pensiero di Leopardi tra un pessimismo storico, un pessimismo cosmico, e tutte formule che gli sono state sovrapposte. In realtà la parte più originale di Leopardi è proprio questa parte fisica e metafisica insieme (una delle Operette Morali si chiamerà proprio Dialogo di un fisico e di un metafisico). Ed è proprio questa doppia natura delle cose, questa doppia vista, che è l’essenza stessa della sensibilità del poeta ed è quella di Leopardi dello Zibaldone una vera e propria filosofia dell’immaginazione, una teoria dell’immaginario che si squaderna e si dipana tra immagini e visioni che troveranno nelle forme poetiche, nelle immagini della poesia, la loro più consapevole, più matura messa a punto, spesso in anticipo rispetto alla loro elaborazione nelle pagine dello Zibaldone. E’ come se la poesia e la prosa filosofica dello Zibaldone fossero a loro volta in un rapporto di mutuo e dinamico scambio, esattamente come la realtà fisica l’immaginazione metafisica, fossero costantemente l’una lo stimolo dell’altra, fossero l’uno il punto di innesco, di inizio, dell’altro. Teoria e poesia, pensiero ed estetica, bellezza e verità sono tutt’uno.

 
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