Saluto Al Sole

Ivan Turgenev "Padri e figli"

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Amante della Pace
CAT_IMG Posted on 17/7/2015, 12:16     +1   -1




Ci ricordiamo un po' dei classici...

La settimana scorsa ho riletto il romanzo "Padri e figli" ("Отцы и дети")

dello scrittore russo Ivan Sergeevič Turgenev (1818 - 1883).

Nel nostro paese il romanzo è stato introdotto nel programma di scuola,

ma naturalmente tutta la sua profondità non può essere compresa da menti adolescenti,

bisogna avere molta esperienza delle contraddizioni della vita

per comprendere i problemi con cui si scontrano gli eroi del romanzo -

la natura, la bellezza, l'amore, la verità oggettiva del fatto e la verità soggettiva dell'anima...

Il nichilista ribelle Basarov (il protagonista)

è molto affascinante, perfino nella sua negazione delle autorità,

delle norme condizionate e delle opinioni abituali.


https://it.wikipedia.org/wiki/Padri_e_figli_(romanzo)

Il testo completo del romanzo in lingua italiana:


www.liberliber.it/mediateca/libri/t...dri_e_figli.pdf





David Riondino

PADRI E FIGLI (VALZER COSACCO)


In questa storia ci sono servi che fumano nel portone

E gatti sporchi nel sole e c’è l’odore del pane

e poi villaggi di case basse, pianure senza confini

e contadini malmessi sopra cattivi ronzini.



E un Nichilista dagli occhi verdi e dai capelli biondo scuro

che non si inchina a nessuno e di nessuno ha paura.

Un Nichilista che non accetta nessun principio né fede

e studia scienze della natura e crede a quello che vede



c’era un cosacco con la chitarra che ha detto quando lo ha visto:

“prima c’erano gli Hegheliani e adesso arrivano i Nichilisti!”



E c’è una donna di ventott’anni alta bellissima in nero

Figlia di un uomo bello e famoso che perse a carte un impero

E come quasi tutte le donne che non riescono a amare,

vuole qualcosa, senza sapere che cosa deve desiderare



Il Nichilista che lo capisce naturalmente le dice:

“Vorreste amare ma non potete per questo siete infelice…”

Ma coricata nel letto protesse il proprio segreto

Sopra un guanciale di pizzo e una coperta di seta…



E con un valzer cosacco il Nichilista s’innamorava

Perché il suo sangue si accende appena la ricordava



In questa storia c’è una ragazza che cominciava a sbocciare

In una dolce indolenza e un assonnato languore

Aveva un fascio di rose rosse ed era bianca e leggera

Sotto la pergola di lillà con i capelli lucidi e neri



E un gentiluomo che non può dire non le può dire che è innamorato

Perché è la donna di suo fratello e lui sarebbe il cognato

ma quando il perfido Nichilista baciò la donna di quel fratello

Il gentiluomo perse le staffe e lo ha sfidato a duello



E questo valzer cosacco si beffa della fortuna

Il Nichilista fa quel che deve, non rende conto a nessuno!



E c’è la morte che viene a chiudere quella breve stagione

Per un contagio di Tifo, una banale infezione

Lui coricato la faccia al muro la febbre cresce ogni giorno

E gli sembrava che cani rossi gli corressero intorno.



Anna Serghievna con un calesse viene portando un dottore

E vede in punto di morte chi le parlava d’amore

E lui le dice “signora mia sono caduto sotto la ruota.

Perché la morte è una vecchia storia ma per ognuno ritorna nuova…”



E questo valzer cosacco lo aiuta a non delirare

Ed a capire lucidamente che viene il tempo di andare



“Signora adesso non ho paura ma poi verrà l’incoscienza

Sappiate quanto vi ho amata anche se ormai non ha senso

Addio signora, vivete a lungo, non mi prendete ad esempio.

Vivere è meglio di tutto, approfittate del tempo…”



E poi la bella posò le labbra sulla fronte del suo guerriero

E l’uomo chiuse i suoi occhi come morisse davvero.

E padre e madre che si abbracciano e dopo caddero a terra

Abbandonati l’uno sull’altro come se fossero agnelli.



E questo valzer cosacco era un estremo saluto

a chi moriva in accordo con come aveva vissuto



In questa storia torna l’inverno con i suoi limpidi geli

Ed i pennacchi di fumo nello smeraldo del cielo



E i fiori sopra la tomba parlano di un’altra vita

Di una giustizia serena e di una storia infinita



E questo valzer cosacco deve cambiare famiglia

Perché è finita la storia dei padri e dei figli



Edited by Amante della Pace - 18/7/2015, 14:10
 
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CAT_IMG Posted on 17/7/2015, 14:14     +1   -1

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Mai come ora, nel tempo che stiamo vivendo...ci sarebbe bisogno di una certa Autorità rispettata e che sa rispettare, ogniuno nelle proprie esigenze
di ruolo, tra Padre e figlio, e credo che in questo romanzo, del grande Autore Russo Turgenev, Ivan Sergeevič, abbia saputo magistralemnte interpretare al passo con i tempi, questa fondamentale esigenza...

mi sono permesso di aggiungere delle note sull'Autore, per meglio descriverne il significato autentico...grazie di cuore, per questa Tua illuminante proposta, ciao alla prossima.



Turgenev, Ivan Sergeevič


scrittore russo (Orël 1818-Bougival, Parigi, 1883). Discendente da una nobile famiglia di origine tartara, insediatasi in Russia ai tempi dell'Orda d'oro, Turgenev trascorse i suoi primi anni nella tenuta della ricca famiglia materna, i Lutavinov, e subì l'influsso prepotente, tirannico della madre, donna violenta e, secondo alcuni biografi, anche crudele. Nel 1827 la famiglia si trasferì a Mosca, dove Turgenev fece i suoi primi studi all'università, che completò a Pietroburgo e perfezionò poi a Berlino (1838-41). Qui si appassionò alla cultura occidentale, tanto da diventare poi in Russia il portavoce della filosofia tedesca. Seguace delle teorie hegeliane, seguì i corsi di Werder, allievo del celebre filosofo. Occidentalista convinto, fu a fianco del gruppo degli idealisti degli anni Quaranta dell'Ottocento, Herzen, Belinskij e Granovskij, e con loro contribuì grandemente alla formazione di una corrente politico-culturale progressista russa. Innamoratosi intanto di una cantante francese, G. P. Viardot, Turgenev trascorse la maggior parte della sua vita con lei all'estero, specie in Germania e in Francia, ma fu più volte anche in Italia. Strinse rapporti di amicizia con grandi scrittori francesi, come G. Flaubert, E. Zola, P. Mérimée, A. Daudet, i fratelli Goncourt e Guy de Maupassant, e tale fu il prestigio che a poco a poco seppe conquistare da essere eletto nel 1878, insieme con V. M. Hugo, presidente di una delle due sezioni del congresso internazionale di letteratura tenuto a Parigi in occasione dell'Esposizione universale. Turgenev esordì nel mondo delle lettere come poeta lirico, influenzato dalla tradizione romantica e postromantica russa, e, dopo la pubblicazione di alcune liriche, nel 1843 si fece conoscere col poemetto Paraša, che fu lodato dal massimo critico russo, Belinskij. Nello stesso anno pubblicò anche la sua prima commedia, Un'imprudenza. Nel genere che doveva dargli la fama, il racconto, esordì nel 1844 con Andrej Kolosov, testimoniando con queste pagine un chiaro avvicinamento al “realismo”. Kolosov annuncia il tipico personaggio turgeneviano: l'intellettuale dalle idee acute, incapace tuttavia di azione. Tre anni dopo, nel 1847, la rivista Sovremennik (Il Contemporaneo) pubblicò Chor e Kalinych, primo racconto della raccolta Memorie di un cacciatore (1852), cui fino al 1875 aggiunse nuovi autentici capolavori. Turgenev con quel primo racconto conquistò la celebrità. La Russia di N. V. Gogol, triste, misera, piena di lacrime e di sudore, mostrava di nuovo il suo cuore aperto. Il mondo contadino, umanissimo nella sua semplicità, nella sua rassegnazione, pieno di fermenti e di voglia di vivere, parlava un linguaggio semplice, poetico, pieno di commozione e di sincerità. La Russia piagata ancora dalla servitù della gleba aveva trovato un nuovo altissimo cantore e Turgenev certo contribuì con le sue storie, più di ogni altro, a far cadere quell'istituto che faceva ancora della sua patria un Paese di un'arretratezza medievale. Descrittore superbo, pittore di paesaggi come nessun altro, scrittore conciso, stilista straordinario, Turgenev fu il rinnovatore della prosa russa e un maestro che nella breve narrazione non trovò più eguali. Turgenev scrisse quasi tutti i suoi racconti nella villa dei Viardot, a Courtavenel, ch'egli chiamò la culla della sua gloria, e lì scrisse anche diversi atti unici, di genere leggero, sull'esempio di Mérimée e A. de Musset. Dopo Un'imprudenza, Al Verde (1846), Corda sottile si spezza (1847) scrisse Il parassita (o Pane altrui, 1848) e Un mese in campagna (1850), certamente le sue opere migliori, cui va unita un'opera altrettanto valida, Lo scapolo (1849), che tuttavia non ebbe successo. Appassionato di teatro, Turgenev scrisse ancora Una colazione dal maresciallo della nobiltà (1849), La provinciale (1851), Una sera a Sorrento (1852) senza però più raggiungere la profondità delle due già citate. Intanto gli era morta la madre ed era tornato in Russia (1850). Ricco erede, padrone della tenuta di Spassekoe, non emancipò i contadini e visse a Mosca più che in campagna, dove dovette però tornare, in esilio, per ordine dello zar, che lo volle punire per la lettera aperta pubblicata in occasione della morte di Gogol. Scrittore fecondo, stabilì di dedicarsi anche al romanzo e nel 1856 pubblicò Rudin, dove ancora una volta fece del suo eroe l'intellettuale imbevuto di filosofia e incapace di azione. Riprese lo stesso tema in un romanzo assai più noto, Un nido di nobili (1859), in cui il protagonista Lavreckij riconferma l'incapacità dell'intellettuale a trasformare in azione le sue tesi di rivolta, occidentalista o slavofilo ch'egli sia. Più tormentato apparve il problema in Padri e figli (1862), in cui Turgenev presentò il protagonista Bazarov come il nichilista (termine nuovo) che senza saper costruire nulla annienta gli ideali dei padri, della generazione passata, per naufragare però a sua volta di fronte alle esigenze di rinnovamento della società. L'attacco diretto agli idealisti degli anni Quaranta, sostenitori della tesi che voleva l'esistenza di una soluzione teorica, generalmente valida, per ogni problema, in realtà mai enunciata, non gli fu perdonato, così come non gli fu perdonato che l'unico protagonista positivo delle sue opere fosse il bulgaro Insarov di Alla vigilia (1860). Bazarov fu giudicato un simbolo offensivo della gioventù russa e Turgenev dovette passare dal Sovremennik al conservatore Russkij Vestnik (Il messaggero russo). Sdegnato, ma non sconfitto, Turgenev scrisse due nuovi eccellenti romanzi, Fumo (1867) e Terre vergini (1877), entrambi di intonazione sociale. Accanto ai romanzi andò pubblicando racconti di una bellezza unica: Munà, Primo amore, Un re Lear della Steppa, Toc... toc... toc, L'orologio. Deluso però dell'accoglienza fatta a Padri e figli aveva di nuovo lasciato la Russia e nel 1863 si era fatto costruire una villa a Baden-Baden (dove ambientò Fumo). Subì anche all'estero le conseguenze delle polemiche suscitate dal suo eroe nichilista, ma non si avvilì più. Tornò a Parigi nel 1870, allo scoppio della guerra franco-prussiana, e brevemente in Russia nel 1879. Pubblicò a breve distanza Il canto dell'amore trionfante (1880) e Klare Milič (1882). Da quattro anni si era intanto dedicato alle splendide Poesie in prosa, una cinquantina di scritti con profonde riflessioni sui problemi della vita e della morte, sull'uomo e sui suoi rapporti col mondo. Malato, sofferente di un tumore alla spina dorsale, fece un nuovo viaggio in Russia nel 1881; rientrato in Francia, due mesi prima di morire, incapace ormai di scrivere, dettò alla Viardot Un incendio in mare e Una fine. Turgenev resta uno degli scrittori russi più alti del sec. XIX. Progressista, romantico e realista, scrittore di impegno sociale, analizzatore sottile dell'animo umano, visse il suo tempo con una sensibilità unica, penetrando con altissimo intuito i problemi della condizione umana della sua Russia che fece conoscere al mondo occidentale con una denuncia squisitamente poetica.

Bibliografia

H. Granjard, Ivan Tourguénev es les courants politiques et sociaux de son temps, Parigi, 1954; D. Magarshack, Turgenev. A Life, Londra; 1961; N. Kauchtschischwili, La narrativa di Ivan Turgenev. Problemi di lingua e arte, Milano, 1969; V. Strada, Tradizione e rivoluzione nella letteratura russa, Torino, 1969; W. Giusti, in Russi dell'Ottocento, Roma, 1970; V. Gibelli, Iván Turgenev, Milano, 1974; A. Ivanov (a cura di), Turgenev e l'Italia, Torino, 1987.

 
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