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Khatia Buniatishvili Plays Piano Concerto by Edvard Grieg - di Licla

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CAT_IMG Posted on 18/5/2016, 07:55     +1   -1

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Khatia Buniatishvili Plays Piano Concerto by Edvard Grieg


Khatia Buniatishvili Plays Piano Concerto by Edvard Grieg
Orchestre National du Capitole de Toulouse - Tugan Sokhiev

Esecrabili scelte esecutive, oggi, riservano spazi angusti e sporadici alla musica ammaliante del massimo compositore norvegese, Edvard Grieg (1843-1907). Questi fu alfiere di un tardo-romanticismo plasmato dal magistero di Mendelssohn, Schumann e Liszt, ma assolutamente peculiare nel suo anelito alla contaminazione con elementi musicali popolareschi, l'utilizzo dei quali intendeva essere funzionale alla creazione di uno stile compositivo nazionale.
La pregevolissima caratura della sua produzione artistica raggiunge i massimi esiti grazie alla lirica delicatezza del Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 16, e alla freschezza delle Suite orchestrali n. 1 op. 4 e n. 2 op. 55, tratte dalle musiche di scena per il dramma di Henrik Ibsen “Peer Gynt”. Raccolte in questo cd Deutsche Grammophone Serie Entrée assieme alle due intriganti Melodie Nordiche per orchestra d’archi op. 63, le citate composizioni avvolgono l’ascoltatore in una atmosfera sognante, rarefatta, di fragile ed eterea bellezza, ora punteggiata da una malinconia che stringe il cuore, ora da slanci di genuina e frizzante vitalità.

Il Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 16, composto nel 1868, è il parto maschio di un Grieg venticinquenne, rinfrancato dai primi riconoscimenti artistici, economicamente autonomo e novello sposo a seguito delle nozze con la cantante Nina Hagerup. Concepito in Danimarca durante le vacanze estive, in una graziosa villetta a Sollerod, e orchestrato l’inverno seguente ad Oslo (allora Christiania), esso veicola in maniera straordinariamente tangibile il clima di idilliaca serenità nel quale ha visto la luce, esibendo un pittoricismo melodico fine e aggraziato. Dal punto di vista formale il concerto è fortemente debitore dell’omologo schumanniano, dal quale mutua non solo la tonalità, ma anche frazionamenti e struttura, specie nel primo movimento; esso però si connota, rispetto all’illustre modello, grazie all’inserimento di spettacolari arabeschi dal sapore lisztiano e, soprattutto, per via delle nuances tipicamente scandinave.
Il primo movimento, Allegro molto moderato, si apre con il rullare dei timpani, interrotto dal piano in staccato e poi in brillante arpeggio, fino al comparire del tema principale esposto prima dai legni e poi “passato” al piano, che lo sviluppa e cesella con pathos e intensità crescente. Fa da contraltare a questo un tema più lento, romantico e voluttuoso, affidato ai violoncelli, che sfocia in un episodio solenne, marcato dall’ingresso delle trombe. Il pianoforte non tende a sovrastare, ma si scioglie languido nel tessuto orchestrale, elegante, cristallino, cantando con gentilezza e maestà allo stesso tempo; poi resta solo, per la cadenza, ed improvvisamente si è quasi sommersi da una cascata di note limpide come l’acqua di sorgente, episodio tanto coinvolgente quanto tecnicamente impervio, che conduce al tutti conclusivo.
Il secondo movimento, Adagio, avrebbe potuto essere battezzato Norvegia: è la più appassionata e struggente dichiarazione d’amore che un uomo possa fare alla sua terra. Gli archi con sordina, in tempo di 3/8, descrivono un paesaggio nordico di glaciale bellezza, spazzolato da un vento freddo che si insinua tra alberi ricoperti di neve. Poi… gocce di rugiada purissima e i primi raggi di sole a rischiarare il mattino… Sono solo poche note, che escono dal piano come pennellate di gusto impressionista, in grado di commuovere fino alle lacrime: Debussy ci seduce con un chiaro di luna, Grieg ci accarezza l’anima con un’alba norvegese.
Il terzo movimento, Allegro moderato molto e marcato, gioca sulla vivacità ritmica, grazie alla combinazione strutturale di sonata e rondò. Il piano introduce uno scattante tema principale in 2/4 su una tipica danza norvegese, esponendo subito dopo un secondo soggetto più elaborato. Successivamente il flauto apre una parentesi delicatissima, durante la quale il piano, con effetto molto suggestivo, riprende il tema dell’Adagio, sviluppandolo con malinconia fino ad un climax indotto dalla ripetizione accordale esasperata. Poi di nuovo una danza, stavolta in 3/4, con il tempo che si trasforma in un Quasi presto, e una travolgente cadenza finale, in chiaro rapporto di figlianza dal miglior Liszt, che conduce al finale in Andante maestoso.
L’esecuzione è affidata alla sensibilità e agli straordinari mezzi tecnici della moscovita Lilya Zilberstein, pupilla di Martha Argerich, consacrata alla fama grazie ad una magistrale interpretazione dei concerti n. 2 e 3 di Rachmaninov con i Berliner diretti dal “divino” Claudio Abbado (in catalogo DG, questa incisione è già considerata di riferimento). Bacchetta nelle sapienti mani dell’estone Neeme Jarvi, alla guida della impeccabile Gothenburg Symphony Orchestra: direttore e compagine sono ampiamente rodati sul repertorio “nordico” (Sibelius, Nielsen, Berwald, Alven) e manifestano grande agio e sicurezza nell’approccio ad una partitura che, per ovvi motivi, sentono particolarmente “vicina” dal punto di vista estetico e spirituale.

Sempre Jarvi e la GSO sono protagonisti nelle due Suite orchestrali tratte dalle musiche composte da Grieg per il “Peer Gynt” di Ibsen. Le due Suite sono rapidamente entrate nel novero del più apprezzato repertorio sinfonico, caratterizzate da una singolare e fortunatissima miscellanea di toni ora drammatici, ora fiabeschi, ora avventurosi, ora romantici, esaltati dal recupero di cellule motiviche della tradizione popolare norvegese.
La Suite n. 1 op. 46 vede la luce nel 1880, e si compone di 4 episodi, appunto oscillanti fra passione e sensualità (il notissimo Morning Mood), tristezza e malinconia (The Death Of Ase), esotismo e danza (Anitra’s Dance), fiaba e magia (In The Hall Of The Mountain King). La Suite n. 2 op. 55 del 1891, sullo stesso canovaccio, propone una nuova tavolozza di colori orchestrali, cupi e drammatici (Peer Gynt’s Homecoming), solari e spensierati (Arabian Dance) e infine ancora delicatamente romantici (Ingrid’s Lament e Solveig’s Song). Grieg ricavò da queste Suite anche le rispettive versioni per piano, a due e a quattro mani.

Il programma è completato dalle due Melodie Nordiche (misteriosamente omesse nella track list di free.db, sono le tracce 4 e 5 dopo il concerto e prima delle Suite) per orchestra d’archi op. 63. La prima, intitolata In The Folk Style, è un Andante scuro e introspettivo, dannatamente affascinante, il cui tema principale pare sia stato suggerito a Grieg da Frederik Due, ambasciatore norvegese a Parigi. La seconda, Cow Call and Peasant Dance, dopo un Andantino di pacifica serenità, prorompe nella vitalità paesana della danza, con un tambureggiante Allegro molto vivace; in questo caso Grieg ricicla materiale tematico già sfruttato in due composizioni contenute in una sua raccolta di canzoni popolari e danze norvegesi per piano. Anche per le due Melodie Nordiche Grieg realizzò le versioni per piano a due e quattro mani, che si segnalano per brillantezza e virtuosismo.



Edited by fatajasmine - 22/4/2022, 17:39
 
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CAT_IMG Posted on 22/4/2022, 16:40     +1   -1
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ho messo un video funzionante
 
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